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  26/12/2013 11:05 | |
 "Risultò presto una crescente promiscuità di individui e la formazione di una società composta di un’umanità eterogenea, di difficile coesione, sostanzialmente conflittuale e radicalmente diversa dall’umanità precedente.La penisola italica... si spopolava dei propri abitanti che le avevano dato un nome e un volto e si popolava di nuovi abitanti che nulla sapevano e nulla volevano sapere di quel nome e di quel volto.
Al tempo di Giulio Cesare e, poi, di Augusto, gli immigrati, schiavi, liberti, affrancati e liberi, erano numerosissimi, molta parte della popolazione della città di Roma. In seguito il loro numero andò crescendo. Poco dopo, all’inizio degli anni venti dopo Cristo, sotto Tiberio, il numero degli schiavi nella capitale era preoccupante, un pericolo per l’ordine costituito e per le istituzioni: cresceva senza limiti, mentre il numero degli abitanti liberi, cioè degli abitanti in gran parte anch’essi non autoctoni ma immigrati in un passato più o meno recente, diminuiva sempre più. Riferendosi a quell’inizio degli anni venti, Tacito scriveva alcuni decenni dopo: «[...] nella capitale, già preoccupata per la moltitudine degli schiavi che si accresceva a dismisura [...], di giorno in giorno diminuiva la popolazione libera » (Annali, libro 4°, XXVII). Negli anni venti, mentre dunque la moltitudine degli schiavi cresceva eccessivamente, il numero dei cittadini liberi si assottigliava, diminuiva sempre più. E i cittadini liberi erano non solo romani, latini e italici di estrazione, ma anche immigrati affrancati provenienti da ogni regione del mondo, immigrati in un passato più o meno lontano. Molti di costoro erano ricchi e ricchissimi e svolgevano ruoli di primo ordine nella società."
- Francesco Caracciolo, L'integrazione dell'<<arcipelago migratorio>> in Occidente
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