Come muore una civiltà e come sta morendo la nostra

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Francesco.Caracciolo
00mercoledì 14 maggio 2014 11:49
"...Negli ultimi decenni della repubblica, il carattere
e l’identità del popolo romano erano irriconoscibili.
Certo, i campi erano coltivati e le case
servite, ma l’elemento romano e latino, in buona
parte trasferitosi all’estero per esigenze militari e
amministrative di colonie e domini, era raro o in
minoranza. Roma aveva un carattere cosmopolitico,
abitata com’era da milioni di individui provenienti
da ogni parte del mondo. Il governo
accettava la situazione, ritenendola una necessità.
Giulio Cesare e, poi, Augusto assecondarono il carattere
nuovo che andava assumendo la capitale di
un impero eterogeneo. Furono tolleranti con
gli stranieri pur cercando di conservare il carattere
romano almeno nei ceti alti della società. Augusto
riteneva assai importante che il popolo si conservasse
puro evitando mescolanze con sangue straniero
e servile. Era certo allarmato per il gran
numero di schiavi che continuava ad affluire e per
le numerosissime loro manumissioni, di cui molti
padroni facevano un uso eccessivo, spesso per
ostentare la propria generosità e benevolenza.
Proibì che un senatore potesse unirsi con una liberta.
Tuttavia né Augusto né, prima di lui, Cesare
fecero null’altro per contenere la marea montante.
Le manumissioni...":

da Come muore una civiltà e come sta morendo la nostra,
libro di Francesco Caracciolo.

www.francescocaracciolo.it
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