"...prima negli Stati Uniti e poi in
Europa, si è elogiato il nascente modello multietnico.
Intanto la continua crescita numerica dei
nuovi venuti e l’intravista saturazione demografica
rivelarono il contrasto che si profilava
tra popolazione e risorse. Un contrasto maggiormente
evidente nei paesi con angusto territorio.
Sicché, nonostante la persistente esigenza
di sostenere la crescita economica, si cominciò
a temere l’eccessiva crescita numerica degli immigrati.
Ma presto si trovò l’antidoto riponendo
grande speranza nell’integrazione loro e dei loro
figli nella società multietnica e multiculturale. A
ogni livello e in tutte le sedi non si parlò d’altro.
La politica, le leggi, l’azione dei governi e di altri
in direzione dell’integrazione a tutti i costi. Si
progettò di fare integrare i nuovi venuti nelle
tradizioni, nella cultura e nelle istituzioni del
paese e della società ospitanti. In qualche caso,
come quello inglese e, più ancora, quello tedesco,
prevalse l’indifferenza, il distacco e la sopportazione
nei confronti degli immigrati. Tuttavia,
ad ogni livello e senza farne una professione di
fede, nei diversi paesi si credette fermamente nel
moderno miracolo. Si puntò...":
da
L'integrazione dell'arcipelago migratorio in Occidente,libro di
Francesco Caracciolowww.francescocaracciolo.itwww.lafeltrinelli.it
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